Il Global Compact è un accordo voluto dalle Nazioni Unite al fine di predisporre alcune linee guida generali sulle politiche migratorie, nel tentativo di dare una risposta coordinata e globale al fenomeno. L’idea nasce nel 2016 quando tutti i 193 stati membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite hanno sottoscritto la cosiddetta “Dichiarazione di New York sui migranti e i rifugiati”, dando via a due anni di negoziati. La versione finale del Global Compact è stata firmata il 10 e 11 dicembre 2018 a Marrakech.
Il Global Compact ha come scopo quello di favorire la collaborazione di tutti gli stati coinvolti al fine di proteggere la sicurezza, la dignità, i diritti umani e le libertà fondamentali di tutti i migranti, indipendente dal loro status (ad esempio migranti economici vs. rifugiati). Nel documento si parla di migrazioni “sicure e regolari” e di condivisione di tutte quelle informazioni utili a sensibilizzare i cittadini ed evitare di avere una visione distorta del fenomeno. Inoltre uno dei principali obiettivi, è l’impegno ad aiutare ogni paese a rendere effettivo l’accordo, riconoscendo le migrazioni come un fenomeno di portata globale, la cui gestione richiede un’intensa cooperazione tra paesi.
Benché l’accordo non sia vincolante (si veda punto 7 del preambolo) e indichi solo la volontà di seguire alcuni principi comuni ispirati a norme internazionali, dei 193 Paesi che a dicembre avevano dato avvio ai negoziati, solo 164 hanno firmato il documento finale. In particolare, tra i paesi che si sono detti indisponibili a firmare si registrano i paesi del gruppo Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia), l’Austria, la Slovenia, la Bulgaria, la Svizzera, l’Australia e Israele. In Estonia il dibattito ha quasi fatto cadere il governo, mentre in Belgio i nazionalisti fiamminghi soci di minoranza dell’esecutivo hanno dichiarato il documento «particolarmente problematico». L’Italia, che ha ripetutamente protestato per essere lasciata sola nella gestione dei migranti, invocando al contempo maggior collaborazione tra i paesi europei, ha deciso di non firmare il Global Compact.
Date queste premesse è legittimo chiedersi se e in che misura la decisione di firmare o meno l’accordo dipenda anche da quanto i diversi paesi sono effettivamente coinvolti nella gestione di rifugiati e migranti economici. Per verificare questo aspetto abbiamo utilizzato i dati messi a disposizione dallo United Nations Department of Economic and Social Affairs per confrontare la quota di rifugiati e migranti economici sul totale della popolazione in paesi firmatari e non. Il risultato di questa analisi è il grafico riportato in alto.
Emergono due risultati di interesse. Il primo è che i paesi firmatari presentano una quota di rifugiati sul totale della popolazione significativamente superiore rispetto ai non firmatari (0,62% vs. 0,24%). Il secondo è che, con riferimento ai migranti economici, il risultato è opposto. Infatti, se i paesi firmatari presentano in media 8,9 migranti economici ogni 100 abitanti, per i paesi non firmatari tale valore è pari a 12,2. In questo senso è legittimo aspettarsi che la maggior presenza di migranti economici possa aver influito sull’opinione pubblica dei paesi non firmatari portando i rispettivi governi a ritirarsi dall’accordo. D’altronde è bene sottolineare che sono proprio questi i paesi che potrebbero trarre maggior beneficio da una maggiore cooperazione nella gestione dei flussi migratori. Sarà perciò interessante valutare l’effetto che la decisione di aderire o meno al Global Compact avrà sull’evoluzione delle migrazioni negli anni a venire.