A fine 2014 l’Unione Europea e i suoi Stati membri si sono ritirati dalle attività di salvataggio nel Mediterraneo, abolendo l’operazione Mare Nostrum volta a favorire il pattugliamento delle coste libiche per soccorrere i migranti in difficoltà. Nei mesi successivi si è registrato un incremento nel numero di decessi durante gli attraversamenti che ha portato diverse Organizzazioni Non Governative (ONG) ad avviare le proprie missioni SAR (operazioni di ricerca e soccorso in mare). Recentemente, queste ONG sono state oggetto di una serie di accuse che possono essere così riassunte: a) le attività SAR costituiscono un “fattore di attrazione” che spinge sempre più migranti ad attraversare il mediterraneo; b) la presenza delle ONG aiuta “involontariamente i criminali”, incoraggiando ad usare barche di qualità sempre più scadente e sempre più pericolose; c) nel complesso l’attività delle ONG rende l’attraversamento del Mediterraneo più pericoloso per i migranti.
Tuttavia, se la crescente pericolosità della rotta mediterranea è un dato di fatto, come testimonia il recente aumento del tasso di mortalità, il ruolo giocato dalle ONG nel favorire tale aumento è tutto da dimostrare.
Il report “Blaming the rescures“(letteralmente, accusare i soccorritori) prodotto da Forensic Oceanography, un team di ricerca che fa parte dell’agenzia Forensic Architecture dell’Università di Londra, aiuta a fare chiarezza da questo punto di vista. Il lavoro si basa su una serie di interviste dettagliate con funzionari statali, rappresentanti delle ONG e migranti, nonché su rapporti ufficiali finora inediti, analisi delle reti dei passatori libici prodotte da giornalisti, analisi statistiche e metodi cartografici. Nel complesso, il report offre un’analisi dettagliata dei vari processi e attori che hanno influenzato le dinamiche delle migrazioni nel Mediterraneo centrale tra il 2015 e il 2016.
Tra le diverse evidenze riportate nel report è di particolare interesse quella che mette in relazione diretta la presenza delle ONG e il tasso di mortalità nel 2016 (vedi grafico in alto). Durante tale anno si è registrato il più alto numero di morti nel Mediterraneo e al contempo la maggiore presenza delle ONG coinvolte in operazioni SAR. Questo tenderebbe ad avvalorare parte delle accuse mosse alle ONG. Tuttavia, dall’andamento dei dati mensili (anziché annuali) emerge un’altra storia. Infatti, il tasso di mortalità molto alto nei primi mesi del 2016 (cioè prima che le ONG tornassero nel Mediterraneo centrale in seguito alla pausa invernale) e diminuisce invece rapidamente in parallelo al loro ritorno in mare. In seguito, aumenta nuovamente solo quando la presenza delle ONG diminuisce alla fine dell’autunno (ottobre, novembre, dicembre). C’è pertanto una correlazione negativa tra l’aumento del numero di navi delle ONG e l’abbassamento del tasso di mortalità. Anche se la definizione di un esplicito nesso casuale richiederebbe un’analisi più approfondita, tale andamento risulta contrario all’ipotesi secondo cui la presenza delle ONG coinvolte in operazioni SAR rende l’attraversamento del Mediterraneo più rischioso per i migranti.